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Domenica 28 giugno: La vita ed un bicchiere di acqua fresca.

pubblicato da admin il Gio, 06/25/2020 - 11:41

Vangelo

Mt 10, 37-42
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: "Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.
E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa".

Commento al Vangelo

Lettura del testo: Mt 10,37-42

Cosa c’è attorno al nostro brano (ovvero “il contesto”)

Il contesto del nostro brano è – anche questa settimana – quello del “discorso missionario” (o “discorso sulla missione della Chiesa”) che troviamo nel Vangelo di Matteo in tutto il capitolo 10. Per essere più precisi, queste parole concludono il discorso. Infatti, subito dopo, in 11,1, Matteo ci dice che Gesù, terminato di dare le istruzioni ai dodici, parte per insegnare e predicare nelle città vicine

Come abbiamo visto mercoledì scorso, Matteo colloca questo discorso subito dopo il “discorso della montagna” (una specie di “istruzione” per i suoi discepoli) che troviamo ai capitoli 5-7 (e che, come sappiamo, inizia con l’annuncio delle Beatitudini) e subito dopo aver descritto, raccontando dieci miracoli, l’azione taumaturgica di Gesù nei capitoli 8-9.

Confortati anche dal sommario di 9,35-38, abbiamo compreso – dunque – che la missione di Gesù è passata ai suoi discepoli. Il capitolo 10, infatti, tratta del tema della missione degli apostoli; sono loro che continuano e rendono presente l’azione guaritrice del maestro e la sua parola che annuncia il Regno dei cieli (meglio: il Regno è già presente nell’azione dei dodici che prolungano quella di Gesù). Il potere messianico di Gesù viene trasmesso ai discepoli (10,1) e la comunità messianica (la Chiesa) continua la presenza salvifica del messia.

I personaggi sulla scena

Sulla scena del brano liturgico c’è (ancora una volta) solo Gesù. Anche la liturgia di domenica prossima ci consegna solo le sue parole.

Queste parole, però, sono rivolte ai dodici. Innanzitutto, Gesù li chiama a sé, li sceglie proprio per affidargli questa missione: renderlo presente tra gli uomini.

La missione è certamente impegnativa, e Gesù vuole prepararli. Si tratta di essere gratuiti e liberi, perché il Regno è gratuità e libertà. Si tratta di fidarsi della provvidenza di Dio. È un cammino in cui si può fare l’esperienza di non essere accolti, in cui si può essere perseguitati (perché un discepolo non è più grande del suo maestro -> anticipazione dell’esperienza della croce). Ma non si deve avere paura perché i discepoli sono nel cuore e tra le braccia del Padre.

Si tratta anche (come ci dice il nostro brano) di un cammino in cui occorre mettere Gesù al centro, un cammino di de-centramento; ma anche un’esperienza in cui si può sperimentare l’accoglienza del messaggio evangelico e di coloro che di esso sono strumenti.

Lettura del brano (ovvero la “lectio”)

Ad una lettura anche superficiale, appare chiaramente che questi versetti sono una raccolta di detti di Gesù, una serie di “sentenze” che originariamente (e in Luca appare più chiaramente: cf Lc 14,25-27) erano rivolte a tutti i discepoli per metterli davanti alle esigenze durissime della sequela del maestro. Qui, come sappiamo, hanno come destinatari i missionari del Regno. Ciò non toglie a queste parole la loro forza e anche una certa durezza.

vv. 37-39

Questi versetti chiedono ai missionari ciò che era richiesto a chiunque voleva diventare discepolo di Gesù. Si tratta di parole esigenti: Gesù chiede un’adesione totale e indivisibile, quasi esclusiva rispetto alle relazioni familiari più intime. Chiede anche di essere seguito sulla “via crucis” affrontando, se necessario, anche la morte. Non si tratta di amare la croce quale strumento di sofferenza, ma la vita in cui l’amore si fa dono. E l’amore non ricambiato è anche sofferenza, l’amore non ricambiato ama comunque. Questo amore è un amore “in perdita”, una vera e propria morte dell’orgoglio e della nostra autoreferenzialità.

La perdita della vita terrena (e di tutto ciò che le impedisce di essere libera) ha come contropartita l’ingresso nella vita eterna (che è – appunto – anche vita piena, completa, libera).

Il senso di questi versetti è uno solo: al di là di tutto, Gesù è uno che provoca divisione (vv. 34-35), che non ammette mezze misure, che ti chiede di scegliere. La scelta è tra amare e non amare, tra fare dono della vita e tenerla per sé, tra amare nel suo amore tutte gli affetti della tua vita o non amarli affatto.

vv. 40-42

Questi versetti ci parlano dell’accoglienza dei missionari, dello stile di questa accoglienza. Un’accoglienza che è riferita a chi annuncia il vangelo del Regno, ma che è modello di ogni accoglienza evangelica.

Accogliere (i missionari, ma anche chiunque ci interpella in nome di Gesù) vuol dire accogliere Cristo e in ultima analisi accogliere Dio stesso (cf anche Mt 25,40). Un principio giuridico ai tempi di Gesù era quello per il quale il mandante considerava fatto a se stesso il trattamento riservato al suo delegato. Gesù e i suoi ascoltatori hanno ben in mente questo principio e capiscono bene che il missionario è rappresentante di Gesù come lui lo è del Padre.

Chi accoglie riceverà una ricompensa corrispondente a quanto riceverà chi è accolto. Più siamo generosi, più riceveremo… Più ameremo, più riceveremo di misericordia (cf. il “Padre nostro” «rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo…»; cf. anche Mt 7,1-5: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi»).

Matteo ci presenta tre categorie di persone: i profeti, i giusti e i piccoli, probabilmente tre gruppi di persone della comunità matteana. I primi sono menzionati spesso nel NT e si caratterizzavano per una certa sensibilità soprannaturale con cui sapevano leggere i segni dei tempi e indicare la volontà di Dio ne tempo presente. I piccoli sono i piccoli del vangelo (che nel vangelo sono gli orfani, le vedove e i poveri), credenti deboli e insicuri, esposti al pericolo di perdere la fede. Dei giusti come gruppo ecclesiale se ne parla solo qui. Si pensa che si qualificassero per la condotta esemplare e per la fedeltà al volere del Padre rivelato da Gesù.

La ricompensa promessa è la vita eterna. È sicura e garantita dalla parola di Gesù ma occorre che queste persone siano accolte come tali, riconosciuti nella loro specificità e nel loro rapporto con Gesù, cioè come suoi inviati e sua presenza.

Esercizio di contemplazione…

  • Trova un posto tranquillo, fai silenzio, cerca di dedicare alla preghiera almeno una ventina di minuti…
  • Leggi e rileggi il Vangelo e fermati dove senti attrazione o repulsione, gioia o sofferenza. Stai lì, senza domandarti perché. Lascia solo che quel “sentire” ti parli, ti illumini. Lascia anche che vada via, forse aspettava solo quell’occasione per farlo…
  • Resta in silenzio anche se desidererai scappare. Al termine della preghiera annota su un foglio quello che senti e quello che hai deciso di vivere nei prossimi giorni. Non credere ai grandi propositi, lascia spazio ad un piccolo passo possibile.
  • Ringrazia Gesù che ti viene a cercare anche quando tu sei altrove.

Concludiamo con un testo di Charles De Foucauld

Amare, non significa convertire, ma per prima cosa ascoltare, scoprire questo uomo, questa donna, che appartengano a una civiltà e ad una religione diversa.

L'amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando si vuol amare, si ama; quando si vuol amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni cosa.

Quando si ama, si imita; quando si ama, si guarda il Beneamato e si fa come fa lui; quando si ama, si trova tanta bellezza in tutti gli atti del Beneamato, in tutti i suoi gesti, in tutti i suoi passi, in tutti i suoi modi di essere…

Preghiera dei fedeli 

Celebrante . Fratelli e Sorelle, il Vangelo di oggi è il seguito di quello della domenica scorsa. Gesù, dopo il discorso delle beatitudini detta le condizioni, agli apostoli presenti ed a noi oggi, per essere parte della comunità messianica che deve annunciare e testimoniare la venuta del Regno. Domenica scorsa ci ha detto che non dobbiamo avere paura e ci ha spiegato il perché, oggi va più a fondo è in tre frasi ci detta le condizioni per essere degni di Lui. Sono condizioni che colpiscono per la loro durezza e rudezza. Preghiamo perché ci aiuti a comprenderle e ad attuarle dicendo: Signore rendici degni di te che sei la fonte della vita.

Lettore. Gesù ci chiede di amarlo più dei nostri genitori e dei parenti più stretti. Questo non può voler dire sminuire gli affetti che hanno fondato e fondano la nostra vita ma ancorarli a qualcosa di superiore ed eterno per renderli più solidi ed evitare che si sgretolino di fronte alle difficolta della vita. E che cosa c’è di più alto ed eterno di Dio e del suo amore ? Chi ama veramente i propri figli è chiamato ad aiutarli ad incontrare Dio, solo in questo modo essi saranno pienamente generati alla vita.Per questo preghiamo: Signore rendici degni di te che sei la fonte della vita.

Gesù ci chiede di prendere la propria croce e di seguirlo cioè di accettare le sofferenze che possono giungerci dall’essere suoi discepoli veri membri attivi della comunità messianica. In un mondo che esalta l’edonismo cioè i propri desideri, i propri bisogni, i propri piaceri, Gesù presenta il sacrificio come strada necessaria della vita, come la via da percorrere se si vuole amare veramente; l’amore è dono di sé e richiede sacrificio, uscire da se stessi, rinnegare se stessi. Per questo preghiamo: Signore rendici degni di te che sei la fonte della vita.

Gesù ci dice che chi avrà perduto la propria vita per causa sua, la troverà! “Perdere la vita” non significa, necessariamente, affrontare il martirio. Una vita si perde come si spende un tesoro: investendola, spendendola per una causa grande. Il vero dramma per ogni persona umana è non avere niente, non avere nessuno per cui valga la pena mettere in gioco o spendere la propria vita. Eppure noi possediamo veramente solo ciò che abbiamo donato ad altri. Per questo preghiamo: Signore rendici degni di te che sei la fonte della vita.

A questo punto forse Gesù stesso si rende conto della sua durezza e della sua rudezza e vuole stemperare la tensione che ha creato: “Chi avrà dato anche solo un bicchiere d'acqua fresca, non perderà la sua ricompensa”. Un bicchiere d’acqua, quanto di più povero e di più umile esista. Un gesto che tutti possiamo permetterci, ma un gesto non banale perché l’acqua deve essere fresca. Acqua attenta alla sete dell'altro, procurata con cura, l'acqua migliore che hai, un'acqua con dentro l'eco del cuore. Per questo preghiamo: Signore rendici degni di te che sei la fonte della vita.

Celebrante. Signore, tu ci chiedi sacrifici e ci mostri la tua Croce, ma poi ci dici che può bastare anche solo un bicchiere di acqua fresca perché nulla è troppo piccolo per Te, perché ogni gesto compiuto con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio. La tua Signore è una pedagogia stupenda e noi siamo chiamati a comprenderla ed a viverla tutti i giorni per le strade della nostra Lipari, incontrando amici e sconosciuti, eoliani, turisti ed immigrati. Aiutaci Padre ad esse discepoli attivi della comunità messianica per Cristo nostro Signore.

 

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